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Dopo Londra, nei cui sobborghi ci sono circa un milione di abitanti, negli anni '40 il concetto di new town è stato applicato ad altre zone, come Harlow. Da quel momento altri progetti simili sono stati messi in pratica in varie parti del mondo. In Europa sono diventate famose le "forstater", cioè le periferie, in Danimarca e in Svezia. A Mosca, nell'ex Unione Sovietica, nacquero delle new towns chiamate "goroda-sputnika", le città satellite. Inoltre anche in Giappone sono nati sobborghi del genere. In Italia, tra gli anni '50 e gli anni '60, furono avanzate delle proposte di città giardino a Roma, Milano, Torino e Napoli per contenere la notevole crescita. In particolare a Roma ne erano state previste due: una a nord e l'altra a sud ma non si realizzarono più. Due dei pochi casi in epoca recente sono Milano 2 e Milano 3. (fonte: wikipedia.org)
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Il modello urbanistico delle new towns non è considerato vantaggioso da tutti gli urbanisti e gli architetti. Secondo i suoi creatori, esso rappresenta la città perfetta perché ai comfort ed ai servizi è abbinata la salubrità e la tranquillità degli spazi verdi e della campagna, grazie alla presenza cospicua di giardini e parchi. Coloro invece che criticano la new town sostengono che rischiano fortemente di essere una sorta di ghetto contemporaneo con costruzioni prive di alcuna importanza architettonica e sviluppo urbano di scarso valore. Un'altra critica mossa contro le "nuove città" riguarda la tipologia edilizia utilizzata. La preferenza verso abitazioni monofamiglia piuttosto costose può, con il trascorrere del tempo, portare alla nascita di centri residenziali troppo selettivi e riservati ad un ceto sociale di livello medio-alto.
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