Coltivazione del tartufo
I tartufi sono corpi fruttiferi come i funghi ma crescono sottoterra e vivono in simbiosi con gli alberi. Il micelio si combina con le radici più sottili del suo ospite e forma la cosiddetta micorriza. L'albero si avvantaggia della connessione con il fungo per assorbire i nutrienti dalle acque e dal terreno, mentre il fungo approfitta dei composti di zuccheri di ritorno di cui ha bisogno per crescere. Esistono circa 140 specie del genere Tuber a cui i veri tartufi appartengono, tuttavia solo alcuni hanno un valore economico per il loro pregio gastronomico. Tra questi i principali sono il Tuber Magnatum - Pico (1788) o tartufo d'Alba, il Tuber melanosporum- Vittadini (1831) o tartufo nero o Perigord, il Tuber Uncinatum - Chatin (1892) o tartufo di Borgogna e le sue varianti, il Tuber aestivum - Vittadini (1831) o tartufo nero estivo o Scorzone e il Tuber brumale - Vittadini (1831) o tartufo nero pregiato.
La difficoltà della coltivazione del tartufo sta nel dover creare il rapporto di simbiosi con la pianta ospite. Questo fattore, in passato ha privato la coltivazione del tartufo di una vera e propria tecnica colturale a cui oggi si è potuti arrivare tramite la micorrizzazione artificiale delle piantine, ossia l' innesto di spore del micelio (il fungo) nella massa radicale dell'ospite. In fase di germinazione la piantina viene messa a contatto con radici già micorrizzate e poi interrata in terreno compatibile. Nel caso del Tartufo nero, si facilita la cattura delle spore immergendo le radici in una soluzione che procura loro piccole incisioni prima di metterle a contatto con una miscela di tartufi neri maturi. Nel caso del tartufo bianco invece, le radici devono essere messe in contatto con altre radici già micorrizzate. Le specie arboree che si prestano alla micorrizzazione e se ne avvantaggiano appartengono alla macchia mediterranea. Sono il pioppo, il nocciolo, le querce, e i salici.
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