Contratto preliminare. Con CD-ROM Prezzo: in offerta su Amazon a: 25,5€ (Risparmi 4,5€) |
La visura catastale può essere richiesta tramite i canali telematici gratuiti disponibili sul sito dell'Agenzia delle Entrate (Fisconline, Entratel), per mezzo dei servizi a pagamento di Poste Italiane (Certitel Catasto Web) o recandosi presso l'Ufficio del Territorio. In quest'ultimo caso, il rilascio della visura è gratuito solo se richiesto da un soggetto che abbia titolo di proprietà (o un diritto reale di godimento) sull'immobile. Per legge, sono "conformi" alle risultanze della visura anche gli immobili che abbiano subito modifiche tali da non incidere sulla rendita catastale. Nei casi in cui sia mutata in modo rilevante la distribuzione degli spazi interni di un fabbricato, ovvero siano stati realizzati soppalchi, servizi igienici o siano stati trasformati dei retrobottega in ambienti idonei alla vendita, il proprietario del bene è tenuto a richiedere una "denuncia di variazione catastale".
Dal punto di vista fiscale, la rendita catastale rappresenta la base di computo del valore di un bene immobile. Tale valore fiscale, a sua volta, è la base imponibile per il conteggio delle imposte dirette (reddito fondiario Irpef/Ires) e indirette (imposte di registro, successione e donazione, IMU). Il conteggio del valore catastale di un immobile si effettua partendo dalla rendita, rivalutandola del 5% (25% nel caso di terreno) e applicando su tale importo i moltiplicatori introdotti con la Legge n. 228/2012, suddivisi in base alla categoria catastale nella quale è classificato il bene. Per esempio, il valore catastale di un immobile classificato come A/2, con rendita pari a 850€, è di 142.800€ e si determina in questo modo: 850 x 105/100 = 892,50€ (rendita catastale rivalutata), 892,5 x 160 (moltiplicatore categoria catastale A)= 142.800€.
Il valore catastale di un immobile non va confuso con quello "normale" dello stesso. In relazione alla determinazione di tale ultimo importo occorre far riferimento a quanto previsto nell'art. 14 D.P.R. 633/72, vale a dire al prezzo mediamente pagato per un bene simile in normali condizioni di mercato "nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo prossimi". Se un atto di compravendita reca l'indicazione di un corrispettivo di vendita inferiore al valore normale del bene oggetto del contratto si prefigura una fattispecie del reato tributario di omessa dichiarazione di ricavi e di conseguente insufficiente versamento di tributi. Gli uffici finanziari, pertanto, possono rettificare direttamente il reddito del cedente tenendo conto del suddetto valore normale del bene compravenduto quando tale importo risulti superiore al corrispettivo dichiarato. Si tratta di una rettifica che avviene d'ufficio e sta al contribuente dimostrare l'infondatezza della stessa.
La rendita e il relativo valore catastale di un immobile costituiscono la base imponibile per l'imposta di registro sugli atti di compravendita immobiliare che intervengano fra persone fisiche al di fuori dell'esercizio di professioni o di imprese commerciali. In tali casi, infatti, l'acquirente può richiedere, con dichiarazione resa al notaio rogante e recepita nell'atto, che l'imposta di registro venga calcolata sul valore catastale del bene compravenduto, indipendentemente dal corrispettivo dello stesso. Se detto valore catastale, quindi, non è sufficiente per blindare la vendita da possibili verifiche ai fini delle imposte dirette, lo è per quelle indirette, ossia per l'imposta di registro, ipotecaria e catastale. Questa disciplina si applica solo per il passaggio della proprietà del bene: per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, la base imponibile è il "valore normale" del bene.
L'imposta catastale è un tributo dovuto a seguito di atti civili, giudiziali o amministrativi, tra vivi o mortis causa, che trasferiscono la proprietà (o un diritto reale di godimento) di immobili. Da tali atti, così come da modifiche sugli immobili che incidono sulla rendita catastale, discende l'esecuzione di una serie di formalità da dichiarare anche al catasto, denominate "volture". Il costo della voltura (o richiesta di variazione) è rappresentato dall'imposta catastale. Tale tributo può avere ammontare fisso, pari a 168€, o proporzionale a seconda del tipo di variazione che si va a chiedere, alle controparti del contratto che ha dato luogo all'obbligo di denuncia e alla natura del bene immobile compravenduto (abitativo o commerciale, di lusso o meno, strumentale per natura o per destinazione o, ancora, bene merce). Attualmente, l'aliquota dell'imposta catastale è dell'1%, da applicare sul valore catastale del bene.
COMMENTI SULL' ARTICOLO