In ambito domestico e commerciale i sacchetti di plastica vengono utilizzati, in vari formati e dimensioni, soprattutto per contenere, trasportare e conservare. Abbiamo quindi sacchetti per la spesa (dotati di maniglie per il trasporto, o fustellati o "a fagiolo", o con maniglie incollate al sacchetto), sacchetti per conservare soprattutto cibi o ghiaccio (talvolta dotati di chiusura a zip), sacchetti per i rifiuti domestici. Benché oggi, a causa dei danni sull'ambiente, si utilizzino in molte parti del mondo sacchetti in bioplastica, o comunque biodegradabili e compostabili, spesso nelle nostre case sono ancora presenti i tradizionali sacchetti in polietilene. Molte sono le idee per riutilizzarli: ridotti in filamenti, possono essere infatti lavorati per farne borse, sandali, decorazioni, tappeti.
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Già da diversi anni la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo si è data come obiettivo quello di ridurre il consumo dei sacchetti di plastica monouso all'interno dell'Unione, per arrivare nel giro di poco tempo a dimezzarne l'utilizzo. Dal 21 agosto 2014, in Italia, è fatto divieto vendere o distribuire anche a titolo gratuito sacchetti non a norma ed è stato reso obbligatorio sostituire i classici sacchetti di plastica con altri che siano biodegradabili, compostabili, riciclabili, ottenuti in buona parte da plastica riciclata e che abbiano un determinato spessore. Le sanzioni a questo riguardo per chi non si attiene alla normativa vanno dai 2.500 ai 25.000 euro. Ciò per ridurre l'impatto che hanno i sacchetti sull'ambiente e favorirne il riutilizzo per la raccolta della parte organica dei rifiuti domestici.
Benché non siano ancora definite chiaramente tutte le misure riguardanti l'utilizzo dei sacchetti di plastica (soprattutto per quanto riguarda i limiti del loro spessore e per l'adeguata marcatura ed etichettatura per il loro riconoscimento in tutta l'UE), è ormai riconosciuto quanto il loro largo impiego sia dannoso per l'ambiente. Ciò riguarda sia la produzione, che richiede l'utilizzo di risorse non rinnovabili derivanti dal petrolio, sia lo smaltimento. Dispersi nell'ambiente, infatti, non solo impiegano tempi lunghissimi (centinaia di anni) per degradarsi, ma rilasciano anche sostanze tossiche che contaminano terreno e acque. L'impatto sulla fauna è notevole, considerando soprattutto i danni causati da ingestione e da soffocamento. Inoltre, il rischio che micro-frammenti di plastica e sostanze tossiche arrivino a noi attraverso i pesci è davvero molto alto.
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